lunedì 25 dicembre 2017

MITICO


MITICO
CRONACA REAL DEL 19° “CAMP MITICO VILLA”



Al bambino che vive
in ognuno di noi.

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PRIMI CONTATTI CON IL MITICO VILLA


   Un pomeriggio di maggio ricevo una chiamata da Lorenzo Capone, ragazzo che conosco da anni per aver incrociato con lui le nostre carriere sui campi della provincia, prima come calciatori poi come allenatori di ragazzini. Lollo conosce bene Villa per aver allenato vari anni alle sue dipendenze e aver partecipato a molti camp.
   “Ciao Simo, ho una proposta da farti” esordisce. “Siccome io non posso andare perché non mi danno le ferie, ho fatto il tuo nome a Renato Villa per andare a fare l’istruttore al suo camp. Sei libero tra fine giugno e inizio luglio? Se ti interessa, chiamalo al più presto.”
  “Grazie Lollo, sì mi interessa, lo chiamo sicuramente” rispondo senza pensarci più di un secondo.
   La sera stessa mi sento con Villa. Il Mitico, come è soprannominato dai gloriosi tempi del Bologna di Maifredi, mi propone di andare a fare l’istruttore una settimana ad Arcevia nelle Marche, dove si farà per la prima volta il suo camp, e due settimane alla base, nel collaudatissimo camp di Sestola. Mi dice in quanto consiste il rimborso spese e siccome ho voglia di mettermi alla prova con una nuova esperienza accetto soddisfatto. Andrò a fare un “lavoro” che amo e prenderò qualche spicciolo oltre ad avere vitto e alloggio. Immagino sarà una prova impegnativa ma sono altrettanto sicuro che mi darà tanto dal punto di vista professionale e umano.
   Qualche giorno dopo vado al campo di Casalecchio dove per la prima volta faccio la conoscenza vis-à-vis del Renatone Nazionale. Con lui c’è Roberto Russo. Scambio quattro chiacchiere con i due ex campioni dove mi ribadiscono ciò che mi aveva già detto Villa per telefono e dopo avermi consegnato il materiale per il camp (borsa, divise da allenamento e da passeggio) ci diamo appuntamento per il 18 giugno ad Arcevia, la quale vedrò con calma come raggiungere.
   Mentre salgo in macchina per tornare a casa penso all’impressione positiva che mi hanno fatto Russo e Villa. Sembrano molto diversi caratterialmente, ma perfettamente in sintonia per mandare avanti con umiltà la loro società (il Real Casalecchio) e soprattutto il loro camp, camp che sta per tagliare, nel 2018, il prestigioso traguardo dei vent’anni.
   Presto conoscerò molto meglio il Mitico, condividendo con lui giornate intere attorniato da bambini e neo adolescenti.
  

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PARTENZA PER ARCEVIA


   Saputo che Arcevia mi avrebbe ospitato per circa una settimana, cercai appena possibile la sua ubicazione su internet.
  “Toh!” esclamai. “È a un tiro di schioppo da Daniè.”
   Daniè è un amico romano che ha rilevato un agriturismo da poco più di un anno; si trova nel comune di Serra San Quirico, a una ventina di chilometri da Arcevia nell’entroterra anconetano.
   Lo dico ai miei amici, così si decide di approfittare della coincidenza per andare a trovare l’amico Daniele al suo caratteristico casale; potrò così scroccare il passaggio per il vicino comune marchigiano sede del camp.
   Sabato 17 giugno, con l’impeccabile amica Elena alla guida, io al suo fianco e Giulio e Albert sul retro, si parte per Serra San Quirico. Ceniamo e pernottiamo all’agriturismo e la mattina dopo mi accompagnano ad Arcevia. Ci fermiamo nella deliziosa piazzetta del paese. Il tempo di prendere un aperitivo poi contatto Villa che poco dopo manda Tamara, organizzatrice autoctona del camp, a prendermi.
   Saluto i miei compagni di viaggio e salgo sulla macchina di Tamara, direzione campo sportivo. Pochi minuti dopo arriviamo. Entro nel salone dove verranno accolti i giovani calciatori nel pomeriggio per la consegna del materiale (anche per loro borsa più divise da allenamento e da passeggio) e trovo Renato in compagnia di Pedro Mariani e Gianni Piacentini, ex calciatori di serie A e B, che si riveleranno persone di grande spessore umano oltre che colonne portanti dei camp di Chiusi (località nel Senese dalla quale provenivano), Arcevia e Sestola. Faccio anche la conoscenza di Simone Bartoli, altro bel personaggio, ragazzo simpatico ed estroverso che allena al Real Casalecchio di Villa. Li aiuto un po’ a smistare il materiale dopodiché andiamo a pranzo. La mia avventura al camp con i bimbi marchigiani sta per cominciare.


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SI COMINCIA


   Dopo un pranzo luculliano impreziosito da un’eccezionale carbonara, torniamo al campo per ricevere i ragazzi. Il rito della distribuzione del materiale è presieduto dal Mitico, il quale, così narra la leggenda, individua a occhio la taglia di chi ha di fronte e non ne sbaglia una. Nessuno può prendere il suo posto nella sacra cerimonia della vestizione. Chi ci ha provato, narra sempre la leggenda, non ha più fatto ritorno a casa.
   Scherzi a parte, finito il lungo iter delle iscrizioni e della consegna del materiale, possiamo finalmente rientrare al bell’appartamento secentesco che ospita noi istruttori. Siamo ancora talmente pieni dal pranzo che usciamo solo per una birretta e un panino.
   Il giorno dopo si comincia a fare sul serio con il lavoro sul campo. Io ho in gestione la categoria dei più piccoli, che vanno dall’annata 2009 alla 2011. Per la cronaca Pedro Mariani allenerà i più grandi, Simone Bartoli i 2005 e 2006, Davide Gallerani (altro apprezzato allenatore con all’attivo una quindicina di camp che ci aveva raggiunto in mattinata) i 2007 e 2008; Gianni Piacentini è l’ormai insostituibile allenatore dei portieri.
   Non essendo sicuro della categoria che avrei allenato, pur avendo fatto presente a Villa che sono “specializzato” in Piccoli Amici, mi ero portato un quadernone dove avevo segnato le esercitazioni che avrei proposto a seconda del livello qualitativo dei bimbi e della categoria assegnatami.
   Apro una parentesi: l’allenamento deve essere sempre divertente per quanto mi riguarda. Ovvio che per i più piccoli non può essere uguale a quello che fanno i Pulcini di qualche anno più grandi. Man mano crescono bisognerà curare di più la tecnica fino a passare gradualmente alla tattica quando sono Esordienti. Ma l’allenamento divertente deve essere imprescindibile per tutte le categorie giovanili, a maggior ragione per i più piccoli. Il pallone deve essere quasi sempre presente. In una stagione si fanno una media di 60/65 allenamenti ed io cerco di farli sempre diversi, ma la base, diciamo lo scheletro, è composto da una ventina di esercizi che prediligo per divertimento, tecnica e coordinazione. Il bello di allenare è anche il poter sviluppare un esercizio di base migliorandolo, elevandone la difficoltà di modo che possa essere utilizzato sia dai piccoli che dai grandi.
   Come detto avevo preso un quadernone con segnati gli allenamenti che reputo più coinvolgenti per i bimbi ma anche più allenanti per le qualità tecniche e la coordinazione. I bimbi si sono subito divertiti e io ovviamente insieme a loro. Perché come scrivevo in un mio vecchio libro citando un autore sconosciuto: “Per fare felice un bambino bastano un pallone ed un maestro che si ricordi di essere stato un bambino.” Chiusa parentesi.


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ARCEVIESI


   Di Arcevia ho il ricordo di tante belle persone ospitali. Tamara, l’organizzatrice del posto che mi aveva prelevato dalla piazza all’arrivo per portarmi al campo, gentile e disponibile, sempre sul pezzo, per usare una locuzione che amo poco ma che rende l’idea. Ricordo Angelo, il baffuto presidente della locale società di calcio, Luigi l’attivissimo custode, nonno Pierantonietti con il suo marcato accento marchigiano e la simpatia che sprizzava già dagli occhi; ricordo in particolare Simone, un ragazzo che aveva avuto un grave incidente stradale e nonostante i danni fisici riportati ci insegnava a godere ogni istante di quel gran regalo che è la vita.
   Non posso elencare tutte le persone che meriterebbero di essere citate, ma le ringrazio qui tra queste righe. Non abbiamo mai pagato una colazione, eravamo invitati a cena o a un rinfresco tutte le sere; un’ospitalità che non ho mai visto né provato quella degli arceviesi.
   Ricordo infine, ma per primi nella scala dei sentimenti, tutti bimbi che ho allenato, i topini che a volte mi hanno fatto tribolare (ah quanta pazienza che ci vuole per fare l’allenatore di bimbi!) ma che in una sola settimana mi sono entrati nel cuore, facendomi sentire lo zio di tutti.
   “O Mi’!” dicevano per chiamarmi. Dopo due giorni ancora mi chiedevo: “Perché mi chiamano così? Cos’è Omì? Omino? No, dai non può essere: d’accordo che non sono un gigante ma omino no eh!”
   Poi finalmente realizzo che “O Mi’” sta per Mister preceduto dal loro caratteristico intercalare. Come i romani, anche i marchigiani tendono ad abbreviare nomi e parole.
   Durante la settimana “O Mi’”, così come l’inflessione marchigiana, mi entrerà dentro e sarà una delle tante belle cose che mi regalerà Arcevia.
   Quando il venerdì, ultimo giorno di camp, dopo la sontuosa festa preparata da Tamara e i suoi colleghi, ci siamo salutati, ho dovuto fare uno sforzo titanico per reprimere un magone che se solo fosse esploso mi avrebbe fatto piangere come un bambino.
   Grazie bimbi: cercate di rimanere più puri possibile crescendo. E grazie Arcevia, terra di gente con grandi valori.


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DESTINAZIONE SESTOLA


   Sabato mattina ci svegliamo presto. Renato è partito per conto suo con la propria auto. Anche Davide era già partito, il venerdì sera, con la sua macchina: voleva approfittare della breve pausa per passare qualche ora in famiglia. Rimaniamo io, Simone Bartoli, Pedro e il Piace (Gianni). Andiamo in piazza a fare colazione e ovviamente la troviamo già pagata. Vorremmo partire a un’ora consona ma la gente del luogo viene in processione a salutarci e dobbiamo rifiutare una decina di caffè – dopo averne già bevuti mezza dozzina – se non vogliamo essere arrestati in autostrada per guida sotto effetto di stupefacenti.
   Alle 10.30 riusciamo a partire, con Simone alla guida del pulmino del camp, che sembra in procinto di tirare l’ultimo respiro ma che in realtà è come certi vecchietti inossidabili. Il mezzo è carico di materiale (palloni, paletti, coni, borse, maglie, ecc.) e siamo tutti stipati come sardine al suo interno. Il viaggio però è tranquillo e all’una e mezza siamo al campo di Casalecchio dove salutiamo il buon Simone che partirà in aereo per andare in Sardegna al camp di Buddusò. Gianni ha la macchina parcheggiata lì e la prende per raggiungere Sestola, così Pedro si mette alla guida della Miticomobile e io mi accomodo sul sedile anteriore accanto a lui. Un’ora e mezzo ancora e saremo a Sestola.
   Durante il tragitto ho modo di conoscere meglio Pedro, ex di Torino, Bologna, Venezia e tante altre squadre. Vive in Ungheria con la bella moglie e la figlioletta di cinque o sei anni che tutti i giorni lo chiamava per dirgli quanto gli mancasse il suo “papo”. Io la sentivo spesso perché erano videochiamate e si parlavano in vivavoce e ogni volta mi veniva un groppo in gola pensando alla fortuna che ha un genitore per poter dare e ricevere un amore così sconfinato.
   Sono una persona introversa che dà confidenza solo agli amici e alle persone per le quali prova fiducia ed empatia e avendo grande stima di Pedro mi sono un po’ aperto: gli ho raccontato la mia storia, di quanta forza e fortuna ci sono volute per superare alcuni grandi ostacoli della vita; pensando alla sua splendida bimba che lo attendeva a Debrecen gli ho confidato che anche a me piacerebbe aver dei figli.
   “Sei ancora in tempo” ha detto. “Ora hai tantissimi nipoti, perché sai, noi allenatori dobbiamo essere come zii rispettati e amati, come secondi genitori.”
   Noi allenatori abbiamo il dovere di essere fari che provano a illuminare la strada dei bambini. Non siamo i loro padri ma possiamo prenderli per mano e accompagnarli per un tratto, un breve tratto, che li aiuterà un giorno a correre da soli.


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GIORNATA TIPO AL CAMP


   Prima di parlare della prima settimana a Sestola devo spiegare un attimo come funziona il camp, come si svolge, com’è strutturata una giornata tipo.
   Ad Arcevia, dove i bimbi erano del luogo e la sera rientravano nelle proprie abitazioni, il programma era questo: mattina ritrovo e allenamento al campo alle 9.00 o 9.30 a seconda della categoria (dopo che noi mister eravamo stati rimpinzati con paste e caffè offerti al bar della piazza dai prodighi arceviesi), pranzo tutti insieme in un ristorante del centro, relax e giochi (bocce, freccette, ecc.) in un parco adiacente, secondo allenamento alle 16.00 o 16.30 sempre a seconda della categoria. In serata si svolgevano i tornei, solitamente triangolari, suddivisi per annata. Dopodiché ci salutavamo e noi mister potevamo rilassarci, anche se puntualmente venivamo rapiti e riempiti di prelibatezze culinarie da qualche famiglia locale.
   A Sestola il programma è leggermente diverso. Il famoso hotel Miramonti, sede dei ritiri del Bologna ai tempi del Mitico Villa, ospita i giovani calciatori provenienti da tutta Italia. I ragazzi hanno la sveglia alle 8.00, anche se a quell’ora hanno già praticamente fatto tutti colazione. Più tardi si parte con i pulmini per i campi di Sestola, Roncoscaglia e Montecreto a seconda della categoria; si pranza intorno alle 12.15. Nota: una mattina da stabilire si va in piscina. Dopo pranzo si svolgono i tornei di ping pong e biliardino; chi non è impegnato nei tornei può riposare in camera, giocare a carte o ai videogiochi, fare nuove amicizie. Più tardi si riparte con il secondo allenamento giornaliero. Si cena intorno alle 19.15 e alle 20.00 si scende sul campo sintetico di Sestola per il torneo dove i bimbi (così come ad Arcevia) sono impegnati a giocare con i colori del Milan, della Lazio, dell’Italia, del Manchester, del Barcellona, ecc.
   Alle 23.00 gli ultimi pulmini sono ormai rientrati alla base e i ragazzi grandi e piccoli vanno a letto. Si controlla che non facciano rumore e spengano la luce e finalmente intorno a mezzanotte gli istruttori possono staccare la spina.
   Le giornate sono impegnative e si ha giusto il tempo di farsi la barba e lavarsi i denti, ma quando ci si sdraia sul letto si è contenti e appagati per aver dato tanto per il divertimento e l’educazione di tanti ragazzini.



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PRIMA SETTIMANA A SESTOLA


   Giunto a Sestola con il bagaglio di piacevoli ricordi marchigiani, faccio la conoscenza di altri “mitici” personaggi che mi accompagneranno nelle settimane seguenti. Il primo che incontro una volta sceso dalla Miticomobile è Andrea Anleri, responsabile della logistica e tuttofare.
   Io, Pedro e Gianni abbiamo appena il tempo di darci una rinfrescata che il Mitico ci mette a stampare numeri sulle borse da allenamento, procedura che ripeteremo anche sulle divise per far sì che ognuno riconosca e non perda il proprio materiale. Comincio a intuire che se ad Arcevia il ritmo lavorativo è stato incalzante, a Sestola non sarà da meno.
   Renatone si dimostra un condottiero inflessibile che quando c’è da tirare le orecchie non risparmia nessuno, nemmeno suoi amici ex compagni di squadra e coetanei come Pedro e Gianni. Anch’io prenderò i miei cicchetti, anche se inizialmente fatico a capire quando dice sul serio e quando scherza. A volte il boss è brusco, quasi incazzoso quando sente stonare qualche nota, ma è un perfetto direttore d’orchestra. Se da vent’anni manda avanti il camp (insieme a Russo) con successo un motivo sta anche nella sua “durezza”, che però nasconde un cuore. Se c’è da elogiare o premiare qualcuno non esita a farlo.
   Tornando al sabato dell’arrivo, io, Pedro e Gianni stampiamo quindi borse fino a tarda sera. Il giorno dopo è previsto l’arrivo di una comitiva di slovacchi; sarà un’ulteriore sfida nella sfida allenare bimbi di lingua e cultura così diverse, ma ormai comincio ad essere temprato.
   La domenica è una bolgia infernale. Arrivano gli slovacchi, poi gli italiani. I bimbi sono tanti e io non so ancora chi allenerò. Intanto arrivano altri due istruttori: Fabio Monaco detto Pinuccio e il collaudatissimo Alberto Villa, figlio di Renato.
   Pinuccio (soprannominato così per via dell’accento pugliese che ricorda il “Pinuccio rispondi” di Striscia la notizia) si rivela subito un personaggio fondamentale al camp, simpatico e disponibile, vogliosissimo di imparare qualcosa da tutti.
   Il Mitico è un po’ nervoso i primi giorni, si scalda facilmente e se vede qualcuno rilassarsi un momento gli dà incarichi a destra e a manca, a volte superflui penso io.
   Imparo che avrò la categoria dei più piccoli, i 2008 (non ci sono 2010 o 2011 e solo un 2009). Un allenatore slovacco mi accompagnerà sul campo per vedere il mio metodo di lavoro. Fortuna vuole che parli un po’ l’inglese, così visto che anch’io qualcosina riesco a capire e spiegare, ci intendiamo bene con i bimbi che parlano solo la loro lingua.
   Sarà una settimana dura ma appagante anche questa. Di tempo ce n’è a malapena per espletare i propri bisogni corporali. I giorni passano e il Mitico si rilassa, forse capisce che comunque, nonostante i piccoli problemi quotidiani e le difficoltà, il camp sta andando bene. Rimane comunque una macchina da guerra sempre vigile il Renato. Aneddoto: una sera mi manda a fare la ronda per controllare che i ragazzi si comportino bene in camera. Dopo una giornata sempre in movimento sono abbastanza provato, così mi siedo due minuti sulle scale a riposare. Taaac, il Mitico mi becca e mi cazzia. Il giorno dopo, fermatomi per una breve pausa, vengo sorpreso a fumarmi una sigaretta “in servizio”. Altro cazziatone. Sembra farlo apposta. Oh, penso, o ci sono telecamere nascoste o il Mitico in questi anni ha affinato un fiuto animalesco per gli imboscati.
   Arriva finalmente il sabato mattina. Sul campo di Roncoscaglia tutte le categorie giocano le fasi finali del torneo di calcio. Si va quindi tutti in piazza a Sestola per le premiazioni.
   Anche questa settimana è finita e io sono stanco ma contento del mio lavoro.


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PAUSA


   Salutato il pullman di slovacchi ripartiti dopo il pranzo del sabato mi trovo di fronte le uniche ore di reale libertà dall’inizio della mia avventura. Renato Villa è rientrato a Bologna con Pedro Mariani e Andrea Anleri per tornare a Sestola soltanto in serata. Pinuccio è andato a Porretta a trovare la fidanzata; anche Alberto e Davide sono tornati in famiglia per qualche ora. Gianni Piacentini, unico istruttore rimasto in hotel, mi chiede se voglio fare un giro con lui al lago della Ninfa ma devo declinare l’invitante proposta. Voglio riposare, finalmente ne ho la possibilità, l’appartamento dove abbiamo alloggiato la prima settimana è quasi tutto per me. Rimangono  Mattia e Alessio, i due ragazzi preposti al controllo delle camere e tuttofare. Anche loro hanno voglia di riposare così ognuno si corica sul suo letto. Li avevo preceduti di poco, ma non faccio nemmeno in tempo ad appisolarmi che cinque o sei ragazzini – quelli che erano rimasti perché facevano due settimane di camp – entrano in casa e svegliano tutti.
   “Silvia e Simona hanno detto che dovete portarci a prendere un gelato in centro” dicono, anzi gridano a Mattia e Alessio.
   “Li mortacci vostra” penso. “Giovani, un po’ di silenzio, c’è gente che deve riposare qui” protesto io dalla camera attigua come un vecchietto arteriosclerotico.
   Anche Mattia e Alessio protestano ma Silvia e Simona (proprietarie dell’Hotel Miramonti insieme alla mamma Graziella)  fanno in quel momento le veci del Mitico e non si può disobbedire.
   Rimango così solo. Purtroppo però l’abbiocco di prima è passato e non riesco più a prendere sonno. Poco male: ne approfitto per accorciarmi finalmente la barba e farmi una doccia rilassante. Dopodiché esco a farmi un aperitivo in centro. Sestola al calar del sole si riempie di gente e i colori che sfumano verso calde tonalità pastello la rendono romantica e affascinante. Un paio di spritz dopo mi sento rigenerato e rientro in hotel per la cena. Ci siamo solo io, Gianni di ritorno dal lago della Ninfa e Mattia e Alessio distrutti dal lungo pomeriggio da babysitter. Ci sono anche i cinque o sei ragazzini rimasti al camp. Gli altri ritorneranno tra la tarda serata e l’indomani mattina.
   Dopo cena mi concedo un amaro con ghiaccio da gustarmi in tranquillità in veranda. Mentre sono lì a sorseggiare l’ammazzacaffè e a fumarmi una sigaretta chiama al cellulare la mia amica Elena, con cui ero partito per Arcevia due settimane prima. Lei e altri amici mi avevano già chiamato in precedenza ma essendo sempre impegnato non ero mai riuscito a rispondere. In realtà avrei potuto richiamarli durante qualche pausa, comunque sia per la prima volta sento lei e gli altri amici che mi passa. Mi fa piacere sentire dalla loro voce che manco alla combriccola.
   “Oh Mone, allora… hai tocciato il biscotto? Ti sei fatto qualche mamma?” mi chiede Albert, anche lui compagno di viaggio per le Marche giorni addietro.
   “Albe’, ma quale tocciato e tocciato! Qui siamo sempre a lavora’… E poi sono così cotto che manco Belèn me lo fa svegliare…”
   Ah, gli amici. Se non si avessero amici con cui minchionare ogni tanto, la vita sarebbe molto più triste.
   Più tardi arrivano il Mitico, Pedro, Andrea e Sergiu, un altro ragazzo-factotum. Devono ancora cenare così escono per una pizza, io però rimango a guardare il concerto di Vasco a Modena che danno in diretta alla tv. Non resisto molto e alle 23.00 mi ritiro per dormire. Il giorno dopo è domenica e come ho potuto appurare le due settimane precedenti è il giorno più stressante del camp.


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DOMENICA BESTIALE


   Ci svegliamo presto la mattina. A volte penso che Villa sia un po’ sadico nel volerci svegliare presto quando potremmo dormire tranquillamente mezz’ora in più, ma riflettendoci lo fa per avere da subito la situazione sotto controllo. Bisogna infatti cominciare a sistemare il materiale sui tavoli del salone dove verranno accolti i ragazzi, i quali cominciano ad affluire già dalle 8.30. La processione dura fino al pomeriggio inoltrato. Il Mitico consegna come al solito maglie e pantaloncini senza sbagliare una taglia. Altri come Davide, Pedro e Pinuccio stampano i numeri di riconoscimento sulle divise. Gianni è alle prese con le iscrizioni, solitamente materia per Roberto Russo che però si trova ora in un camp sardo. I giovani Mattia, Alessio e Sergiu accompagnano i ragazzi alle camere.
   Io devo inventarmi qualcosa, almeno fare finta di essere impegnato, o il Mitico è capace di mangiarsi le mie chiappe per cena. Mi aggrego a Mattia & C. anche se in realtà non hanno bisogno di me.
   Più tardi arrivano Alberto Villa (che porta con sé la famiglia) e l’istruttore Ettore detto Cibi, amico di vecchia data nonché ex compagno di squadra di Renato.
   Tutto procede secondo i piani e nel tardo pomeriggio, alloggiati tutti i ragazzi, facciamo un giro in centro a Sestola; torniamo per cena e dopo cena… altro giretto in paese per digerire.
   Io ho colpito il Mitico con le mie doti grafiche, così rimango in albergo a fare cartelloni con orari, camere, squadre per i tornei, calendari, ecc.
   I giovani tornano e vengono portati in camera, seguiti anche dagli istruttori (a parte io che sono alle prese con i cartelloni) per placare qualche eventuale e normalissimo attacco di mammite.
   Intorno a mezzanotte tutti dormono e io finisco il mio lavoro. Posso finalmente andare a dormire. Sono stato spostato dall’appartamento (ora occupato da Davide e ben undici bambini) alla camera numero 4 al primo piano dell’hotel. La divido con Fabio-Pinuccio, che purtroppo si dimostra uno dei più grandi russatori mai conosciuti, una sorta di martello pneumatico vivente. Io ho il sonno che più leggero non si può e mentre cerco in tutti i modi di dormire prevedo che sarà un’altra settimana dura. Non ho fatto il militare ma da qui esco forgiato come un marine americano, penso. Mi viene pure in mente il cartone animato dell’Uomo Tigre e la famosa Tana delle Tigri nella quale fanno una dura gavetta i campioni del wrestling… Ne uscirò fortissimo!
   “Sgrrrauuuch sgruuunt rooonf…” continua a fare intanto Pinuccio al mio fianco.
   Infilo la testa sotto il cuscino e prego un eventuale Dio affinché mi faccia addormentare al più presto.


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SECONDA SETTIMANA A SESTOLA


   Una volta sul campo noi allenatori siamo nel nostro elemento naturale e il tempo scorre in fretta. A me vengono assegnati ancora i più piccolini: 2008 e 2009. Ho un gruppo di sedici bimbi, dodici 2008 e quattro 2009. Sono fortunato anche ‘sto giro: a parte dover sedare qualche piccolo litigio i giovincelli sono tutti bravi e disciplinati. Sei o sette li ha portati Davide Gallerani, che era il loro allenatore in quel di Renazzo nel Ferrarese; continuo intanto a chiedermi come faccia Davide a gestire una dozzina di bimbi in un appartamento con un solo bagno in comune, eppure a fine camp mi dirà che sono stati ineccepibili, sia per il comportamento che per l’uso della toilette.
   Noto che la seconda settimana a Sestola il cibo che ci servono al Miramonti è leggermente migliore come qualità. Non che prima non fosse buono, ma forse gli slovacchi, non avendo la nostra grande cultura culinaria, avevano suggerito un menù un po’ meno prelibato per i palati italici.
   Ho sempre una fame atavica con tutto il movimento che faccio e prendo il bis di tutte le portate, soprattutto quando passa il vecchio Cesare (cameriere al Miramonti da mezzo secolo) che tende ad abbondare con le porzioni, stando però attento che il Mitico non mi sgami. Anche sul mangiare lancia spesso frecciatine che non ho ancora imparato a distinguere: scherza o è serio?, mi chiedo.
   Vero è che con lo scorrere dei giorni, anche questa settimana il buon Renato si rilassa. Scherza sempre con i ragazzi del camp (quando però c’è da sgridarli non perde giustamente mai un’occasione) e complice la venuta a Sestola del nipotino piccolo (figlio di Alberto) appare agli occhi di tutti meno burbero, un bravo nonno giocherellone.
   Questa settimana ho un onere in più: devo gestire le buste con i soldi che i genitori hanno lasciato ai bimbi per gli extra, che significa perlopiù comprare gelati, caramelle e “schifezze” varie. Alcuni, nonostante i miei consigli, non arrivano al mercoledì, così quando vengono con la faccia triste a supplicarmi un paio di euro non mi faccio impietosire e perseguo la politica del “mi dispiace ma non ho più soldi nemmeno io” adottata  il primo giorno quando, nella gelateria del centro, quelli che non avevano soldi li chiedevano a noi mister. È stata la miglior mossa tattica che potessi fare, mentre il buon Cibi, che aveva fatto l’errore di dare un euro subito al primo che glielo aveva chiesto, veniva sommerso da uno sciame di cavallette ogniqualvolta si andava fuori.
   Il venerdì è stato il giorno in cui mi sono detto: “Ce l’ho fatta.” Con quel ce l’ho fatta intendevo CREDO-PROPRIO-DI-AVER-FATTO-UN-BUON-LAVORO. Era solo un mio pensiero, ma il giorno prima Pedro aveva fatto notare a noi istruttori che Renato si era sbilanciato come raramente gli capitava – e lui lo conosceva bene! – dicendo che avevamo fatto un gran lavoro ed eravamo uno staff di prim’ordine.
   Sempre quel venerdì pomeriggio Pedro diede l’annuncio: “Renato ci ha dato il permesso per andare a casa del Barba stasera!”
   Scopro così che l’appuntamento a casa del Barba è ormai un rito per gli allenatori che transitano nel paese dell’Appennino modenese. Barba guida i pulmini (perché non c’è solo la Miticomobile) che portano i ragazzi nelle varie location e dà una mano a Villa sin dai primi camp; ha una casa deliziosa non lontana dal centro da dove si gode un panorama fantastico.
   Io sono cotto e andrei volentieri a letto, visto che per il sabato mattina il Mitico ha minacciato – non si sa se per scherzo o sul serio, come sempre – la sveglia alle 6.00. Fatto sta che usciamo dal Miramonti a mezzanotte per andare dal Barba. Siamo io, Davide, Gianni, Andrea, Cibi, Pedro e Pinuccio. Davide e Gianni, temerari, prendono la propria macchina. Gianni dice che faremo solo una spaghettata e un brindisi e torneremo alla base, ma dai racconti sulle “feste di chiusura dal Barba” sentiti in particolare da Pedro non credo molto alla toccata e fuga…
   Infatti, dopo aver sacrificato un salame intero e aver fato fuori due chili di spaghetti aglio, olio e peperoncino, il Barba mette a cuocere delle tagliate giganti. Sono presto pieno come un otre, anche perché a cena in hotel come al solito non mi ero risparmiato, mangiando come un porco. Insieme al cibo facciamo fuori qualche bottiglia di vino, oltre a degustare, diciamo così, svariate grappe, limoncello, nocino, prugnino, ecc.
   Sazi di cibo, “liquidi” e risate, alle 3.30 siamo in hotel.
   “Se ci becca Renato adesso, ci manda tutti in Siberia il prossimo camp, altro che Sestola” dice qualcuno.
   Ci facciamo ancora due risate e ci salutiamo leggermente barcollanti.
   Per una volta il russare di Pinuccio non mi dà problemi, infatti collasso immediatamente e solo la sveglia che dà il Mitico alle 7.00 (fortuna che scherzava quando diceva le 6.00!) mi ridesta dal mio sonno per una volta pesante.
   È sabato, sono spappolato, ma è l’ultimo giorno di camp e il pensiero di fare l’ultimo sforzo per tagliare di corsa il traguardo mi dà la carica.



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ULTIMO GIORNO


   Alle 8.15 siamo già tutti al campo di Roncoscaglia. Come al solito i primi a giocare il torneo sono i più grandi. Nel frattempo, come la settimana precedente, io e Andrea buttiamo giù la scaletta per le premiazioni che leggerà Pedro o Renato. Finito quel compito vado ad arbitrare un paio di partite per poi finire a dirigere i miei 2008 e 2009 nell’ultimo triangolare. Alle 12.15 siamo in piazza per le premiazioni. C’è tanta gente e tutto va per il meglio.
   Rientriamo in hotel per pranzare. Io tornerò a casa in macchina con la famiglia di un bambino che ho allenato e che abita al mio paese. Si respira l’aria festosa ma allo stesso tempo malinconica degli addii, anche se per molti è solo un arrivederci. I bimbi ci salutano, si fanno firmare le foto o le maglie da noi istruttori, molti si commuovono. Non provo più il magone venutomi nel salutare i bimbi di Arcevia, ma il momento rimane comunque emozionante.
   A parte i bambini, il primo che saluto è proprio il Mitico. Ci stringiamo la mano e guardandoci negli occhi mi accorgo che è… umano! Senza la corazza da camp vedo la sua natura. Buona. Prima di andarsene mi fa una proposta che mi aveva già fatto giorni prima e che avevo rifiutato solo perché avevo già dato parola alla società in cui alleno da qualche anno che sarei rimasto un’altra stagione ad allenare la scuola calcio.
   “Vieni da noi al Real Casalecchio?” mi aveva chiesto. “Pensaci bene, è un’ottima opportunità professionale.”
   Lo sapevo bene che era un’occasione ghiotta, ma è arrivata nel momento sbagliato. Certamente avrei potuto dire ai miei dirigenti che avevo cambiato idea (non sarei stato né il primo né l’ultimo a mangiarsi la parola, la quale, detto tra noi, se si viene pagati adeguatamente diventa assolutamente commestibile e digeribile…) ma ormai avevo deciso così.
   Rimaneva però un dato di fatto che mi inorgogliva: se Renato Villa insisteva per avermi con sé, significava che probabilmente qualche qualità come allenatore di bambini ce l’ho. Questo pensiero mi rende felice perché è sintomatico del fatto che la passione, l’impegno e la serietà pagano davvero.
   E così saluto il Mitico. Dopodiché i saluti toccano agli altri: Davide, Andrea, Alberto, ecc. Sembra che tutti siano concentrati a non far trapelare troppo l’emozione. L’ultimo che saluto è Pedro. Ci abbracciamo e intanto mi dice: “Arrivederci Simo, sei una bellissima persona.”
   A queste semplici parole faccio fatica a trattenere le lacrime. Noto che anche Pedro è commosso. Per non piangere mi tocca essere sbrigativo.
   “È stato un piacere e un onore lavorare con te e con gli altri, vi stimo tantissimo” dico allontanandomi.
   Carico i bagagli in macchina. Mentre lascio Sestola penso agli sguardi che parlano, ai piccoli gesti, alle poche parole di elogio che essendo appunto poche odorano maggiormente di sincerità. Di queste cose ho fatto il pieno durante queste tre settimane di camp. È stata un’esperienza faticosa ma estremamente appagante, dove sono cresciuto imparando e confrontandomi con persone eccezionali e grandi personaggi.
   Si torna a casa con il pieno di benzina per proseguire al meglio la strada.


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COSA IMPARANO I RAGAZZI AL CAMP


   Una o due settimane di camp sono un lasso di tempo molto breve, eppure in questi pochi  giorni i bambini e i ragazzi che lo vivono hanno l’opportunità di fare un’esperienza di estremo arricchimento.
   Intanto si allenano mattina e pomeriggio con istruttori qualificati che, anche se non hanno il tempo materiale di trasformarli in campioni (lungi comunque da me l’idea di voler trasformare un bimbo in un campione!), mettono a disposizione il loro bagaglio tecnico ed empirico per far compiere ai giovani qualche passo in più sulla strada del miglioramento.
   I ragazzi si divertono (il comandamento numero uno della bibbia del calcio, per quanto mi riguarda) e stando insieme imparano le regole della convivenza.
   Per quelli che rimangono soli per una o due settimane senza genitori – quindi non mi riferisco al day camp – l’esperienza è ancor più formativa. Soprattutto per i più piccoli è un’opportunità di crescita caratteriale importantissima. Imparano a stare senza mamma e papà e ad arrangiarsi. Quelli a cui vengono dati soldi possono decidere se darli al mister o gestire personalmente il proprio budget. Chi lo consuma tutto dopo due giorni avrà imparato una grande lezione di economia!
   I mister sono anche, direi soprattutto, educatori. Posso garantire che tutti gli istruttori con cui ho avuto a che fare al camp sono uomini in grado di educare, perché non è una dote da tutti saper educare, sia chiaro. È altresì chiaro che in pochi giorni non si può coadiuvare scuola e famiglia nell’evoluzione pedagogica di un giovane, però qualche seme si può sicuramente gettare nel terreno ancora fertile delle menti e dei cuori giovani.
   Certo, ho visto ragazzi maleducati che immagino diventare adulti imbecilli senza possibilità di salvezza, ma questa è la vita…
   Se sarò al camp del 2018 – quello dell’importante traguardo dei vent’anni – non lo so. Vivo da sempre il presente, concentrandomi sull’oggi, l’unico tempo che conosco. Se mi guardo indietro per rivedere questo camp da poco concluso, posso affermare che insieme ai ragazzi che ho allenato sono cresciuto anch’io. Ho insegnato e imparato. Ho dato e ricevuto. Sento di aver fatto qualcosa di buono per i bambini. E questo, in un certo senso, è IL SENSO. Facciamo del nostro viaggio terrestre un viaggio “mitico” donando sempre agli altri il meglio di noi stessi.


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RINGRAZIAMENTI


   Ringrazio Renato Villa e Roberto Russo per avermi dato l’opportunità di essere un istruttore del loro camp.
   Ringrazio tutti gli allenatori con i quali ho condiviso questa esperienza.
   Ringrazio tutte le persone citate in questo racconto; ringrazio anche quelle non citate ma che hanno vissuto con me questi giorni in modo diretto o indiretto.
  Un grazie particolare ai bambini, presente e speranza futura dell’umanità.


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GALLERIA FOTOGRAFICA











INDICE


1 PRIMI CONTATTI CON IL MITICO VILLA pag.

2 PARTENZA PER ARCEVIA pag.

3  SI COMINCIA pag.

4 ARCEVIESI pag.

5 DESTINAZIONE SESTOLA pag.

6 GIORNATA TIPO AL CAMP pag.

7 PRIMA SETTIMANA A SESTOLA pag.

8 PAUSA pag.

9 DOMENICA BESTIALE pag.

10 SECONDA SETTIMANA A SESTOLA pag.

11 ULTIMO GIORNO pag.

12 COSA IMPARANO I RAGAZZI AL CAMP pag.

13 RINGRAZIAMENTI pag.

14 GALLERIA FOTOGRAFICA pag.