ZOMBIELAND
Ho aperto l’occhio destro, con il sinistro affondato nel cuscino. 7:25
rifletteva la luce azzurrognola della sveglia. Mi ha destato uno di quei sogni
disturbanti che faccio solitamente quando la sera mi corico con un elevato
tasso alcolico in corpo. Il che non è raro.
Mi sono messo supino cercando di ricordare cosa avessi sognato, ma erano
rimasti solo dettagli, pezzi di puzzle inservibili per ricomporre il quadro: un
aereo in fiamme in fase di decollo, maiali in giro tra le lapidi di un
cimitero, l’ingresso di una scuola fatiscente, un fiume di melma.
Da un po’ di tempo dormo male, anche quando vado a letto completamente
sobrio, e quando mi sveglio, siano le due, le quattro o le sette e venticinque
come oggi, riaddormentarmi diventa una mission
impossible. Il cervello parte in quarta e addio sonno. Per un certo periodo
avevo provato a farmi riprendere tra le braccia di Morfeo con il metodo
Solgenizzin (come si scrive lo controllo dopo): l’autore di Arcipelago Gulag pare avesse scritto una
volta libero il suo capolavoro dopo averlo memorizzato parola per parola in prigione
(in un gulag), dato che non poteva usare carta e penna. Così io cercavo di
inventare storie ripetendole più volte nella mente la sera a letto per poi
riscriverle il giorno dopo, ma il tentativo è miseramente fallito. Ci mettevo
una vita per addormentarmi e la mattina, come per il sogno da poco fatto, tutto
finiva nell’oblio.
“Dai che si parte” ho biascicato per darmi la spinta ad alzarmi. Sono
sceso in cucina a bere un caffè. Non ho molto appetito la mattina, ma mentre
sfogliavo il giornale ho sgranocchiato alcuni biscotti. Ah il giornale! Le
notizie non mi interessano più, tutte uguali, sembra quasi di avere sotto gli
occhi la stessa copia da mesi, anni. L’attualità riflette l’umanità, cioè un
grande buco nero, qua e là illuminato da qualche rara stella sparsa nell’immensità
del cosmo.
Sul water ho buttato giù due appunti che potranno servirmi prossimamente
per scrivere storie, racconti, aforismi. Ho infilato tuta, felpa, k-way,
guanti, cuffia e scarpe da ginnastica e sono uscito a fare una corsetta. Ho
ribattezzato questa quasi quotidiana ora di corsa mista a camminata jogging meditativo. Andando per le
strade di campagna, immerso nel silenzio, lontano dal rumore che per quanto
viva in un piccolo paese le persone rendono lo stesso assordante, riesco a
liberare la mente avvicinandomi alla verità… Oggi in particolare sono in cerca
di ispirazione. So bene che arriverà quando
sarà il momento, ma intanto provo ad andarle incontro. Ne ho bisogno perché
voglio (devo) tornare a scrivere dopo un periodo di pausa creativa. Scrivere è
la mia cura dai mali del mondo. So tra l’altro che posso scrivere grandi cose,
perché sento di avere da esprimere un immenso potenziale
filosofico-creativo-intellettuale-culturale-spirituale-umano. Non voglio
sprecare il mio talento artistico come ho fatto con quello calcistico per colpa
di quella mezza tacca d’uomo che ero. I morti viventi che popolano questa
società distopica non mi infetteranno trasformandomi in un loro simile.
Corro quindi, per alcuni tratti cammino. In realtà corro per “azzerare”
la mente e cammino per mettere in ordine le idee e i pensieri. Tra questi penso
che tra un po’ vedrò pubblicato il mio ultimo libro, L’alba dello scudetto, un’opera di sport e narrativa scritta per
omaggiare mio padre, che mi ha insegnato con l’esempio a non piegarmi davanti a
nessuno, a seguire la mia strada a costo di essere ostracizzato, fregandomene
degli eventuali privilegi materiali che si otterrebbero seguendo il gregge.
Ho finito il jogging senza aver trovato l’ispirazione che cercavo. Era
prevedibile ma come ho detto arriverà, magari nel momento più inaspettato.
Intanto mente e anima si sono depurate.
Giunto a casa ho fatto una doccia e in attesa di pranzare ho letto
qualche pagina di Uccidi i tuoi amici di
John Niven. Leggo mediamente tre o quattro libri al mese, ma mi sono prefissato
di fare meglio e superare il mio record personale visto che ho praticamente
eliminato la televisione, altro ricettacolo di Nulla come i giornali. L’unico
ostacolo sono i social network, i quali spesso mi rubano più tempo del
necessario. Limiterò anche quelli.
A pranzo ho mangiato un piatto di pasta e un po’ di formaggio,
praticamente il mio pranzo-tipo. Dopo il caffè sono tornato in camera con
l’intenzione di leggere ancora un poco ma tra Messenger, Whatsapp, Facebook e
Instagram ho sprecato almeno una mezzoretta. Su Facebook è un periodo
allucinante, con i post politici in vista delle elezioni regionali che
monopolizzano il mare di minchiate preesistente, tant’è che mi chiedo: “Ma che
cazzo ci sto a fare qui a leggere ‘ste puttanate anziché il libro che ho qui
sul comodino?!” Leggo cose che sono un insulto all’intelligenza umana e
riabilitano i primati assurgendo la scimmia a genio. Fortunatamente sono
vaccinato contro l’ignoranza, e forse dovrei ringraziare la massa zombificata
che mi tonifica l’ego facendomi sentire super intelligente, praticamente un
alieno.
Basta, esco da Facebook e mi concentro su Uccidi i tuoi amici. Trascorso un quarto d’ora ricordo di dover
preparare il programma d’allenamento dei bimbi per la settimana prossima. Me la
sbrigo in mezzora, anche se a volte impiego un paio d’ore per organizzare
quattro sedute settimanali. Può sembrare tanto ma sono uno che ama compiere la
propria “missione educativa” con il massimo impegno e concentrazione; devo
valutare e assemblare vari elementi affinché quell’ora e mezza che i bimbi
trascorrono sul campo sia il più divertente possibile, principalmente impostata
però per una crescita tecnica, motoria e soprattutto caratteriale.
Scoccate le sedici salgo sulla Golf Catorcio e mi avvio verso Pieve di
Cento per l’allenamento dei Primi Calci. La sessione (che poi non mi piace mica
parlare di sessione, tanto meno di seduta) è come sempre intensa e
coinvolgente, con l’allegria che la fa da padrona. Alla fine sono esausto ma
appagato, segnale che ho svolto bene il mio lavoro.
“Adesso una bella birra di decompressione non me la toglie nessuno”
penso.
Torno verso Castello d’Argile alle diciannove e trenta. Dodici ore prima
mi ero svegliato dopo quel sogno che ormai si è completamente perso nel
labirinto delle mie sinapsi.
Ed eccomi finalmente al Vecchio Bar 88, il mio rifugio, la seconda casa,
un crogiolo di razze, ignoranza e saggezza, ricchezza e povertà. Nonostante lo
frequentino persone tanto diverse tra loro, tutti convivono in fratellanza. Io
lo chiamo Il bar delle grandi speranze,
come il libro di Moehringer. Peccato che siamo in periodo elettorale e la
mancanza di cultura che solitamente è mascherata dal parlare di calcio, motori
e figa viene a galla prepotentemente.
Sono seduto in relax a godermi una paglia e una Ceres nella veranda
fumatori, assaporando il meritato “riposo del guerriero”, quando Poldo Grossa Cappella
mi si siede accanto con il suo solito Campari e il toscano sempre in bocca.
“Te cosa voti?” mi fa senza neanche salutare.
“Porcadiquellatroiamaialaimpestata!” penso. Addio relax.
Non sto lì a menarla con stronzate del tipo “il voto è segreto” o “a te
che te frega” e rispondo: “Probabilmente Bonaccini, anche se non posso dire mi
sfagioli, ma mi spaventa la Lega e la base d’odio e insipienza su cui poggia le
fondamenta e con la quale fa presa sulla popolazione più vulnerabile.”
“Eccolo, lo sapevo che eri un comunista di merda, ti ho smascherato!”
“Comunista? Cosa siamo nel Novecento?” ho chiesto con la mia solita
calma senza aspettare risposta, sorseggiando la Ceres. “Guarda Poldo che io non
sono mai stato niente, né di destra né di sinistra… magari potrei essere stato
di sopra qualche volta… spesso di dietro, tra gli ultimi, dove si può osservare
il culo grasso di quelli davanti senza temere che “profanino” il tuo.”
“Come si fa a votare per i pidioti,
per la Casta?!”
“Con me non attacca, io non parlo di politica, perché a me piace
ascoltare e ragionare con chi ha studiato e non si è fatto fare il lavaggio del
cervello dal Grande Fratello. Se penso che potrei trasformarmi in una belva
sbavante come te o come tutti gli altri ultrà da bar (rischio comunque pari
allo zero) mi vengono i brividi. Penso semplicemente che non ci sia niente di
peggio della Lega e di una certa destra, perché il substrato culturale da cui
proviene quell’elettorato è ben al di sotto della media, a livelli infantili
prescolastici. Te lo dico sinceramente perché non la ritengo un’opinione
soggettiva, è un dato di fatto inconfutabile a meno che tu non sia un
analfabeta. Ma visto che proprio l’analfabetismo funzionale sta dilagando in
Italia, potrebbe anche vincere tranquillamente una come la Borgonzoni, con le
conseguenze del caso. Se poi vince davvero e l’Ignoranza al Potere farà del bene alla Regione e al Paese sarò
ben lieto di rivalutare le mie idee. Ho diversi amici fascioleghisti e molti di loro li rispetto, qualcuno lo stimo pure
molto. Non rispetto o stimo certamente quelli come te.”
Blatera ancora qualcosa, poi Poldo Grossa Cappella se ne va bestemmiando incazzato.
Posso continuare a godermi la mia birretta defaticante, anche se Poldo
mi ha tolto un po’ di buonumore, portando quell’assurdo clima da guerra civile
dentro la veranda fumosa. Credo che in un Paese dove la parodia dei politici
risulta più credibile dei politici stessi, sia improbabile uno scontro fisico
su larga scala tra fazioni opposte, ma non si può mai sapere, soprattutto
quando i valori più alti, la tolleranza, l’altruismo, la solidarietà, lo studio
e la ragione sono perennemente calpestati. La mente incatenata della massa depauperata
è da sempre un pericoloso focolaio di rabbia pronto a deflagrare nella società.
Butto giù l’ultimo sorso di birra e mi avvio verso casa. C’è la luna
piena nel cielo di questa fredda e tersa sera di gennaio. Per strada deambulano
zombie imbacuccati che rientrano probabilmente alle loro case, convinti di
essere vivi, speranzosi nel cambiamento, parola che a me fa venire in mente
solo un libro e il suo concetto di fondo: Il
gattopardo di Tomasi di Lampedusa. Invece sono tutti morti, e non so perché
ma mi viene da ridere pensando che presto morirò anch’io, sicuro però di essere
stato vivo almeno per un po’.