martedì 28 marzo 2017

Super Ricky contro Bullo Boy

SUPER RICKY CONTRO BULLO BOY

di Simone Manservisi






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   Riccardo faceva la terza elementare. Era un bambino vispo, buono e altruista, che però non amava molto studiare; preferiva giocare, ma a quanti bimbi non piace giocare? “Guarda come sono tristi gli adulti che non giocano mai” già pensava intelligentemente Riccardo a quasi nove anni. A scuola era ben voluto e andava d’accordo con tutti i suoi compagni di classe.
   Un giorno, a casa dello zio (il noto scienziato pazzo Dottor Manser), accadde un fatto che diede al giovane Riccardo poteri sovrumani: da una libreria tirò fuori un libro, lo aprì e una luce potentissima lo abbagliò. Cadde a terra svenuto e quando si riprese capì di essere cambiato…
   “Zio” disse precipitandosi dal Dottor Manser che si trovava in un’altra stanza a scrivere formule magiche per la felicità, “è successa una cosa incredibile. Ho aperto un libro e una luce fortissima mi ha quasi accecato. Credo di essere svenuto.”
   “È la Luce della Conoscenza, caro nipote” disse Manser, “ora avrai poteri che pochi posseggono nel mondo intero. Sei un supereroe!”
   “Quindi posso volare?” chiese speranzoso Riccardo.
   “No, non avrai i poteri che hanno i normali eroi dei fumetti o dei cartoni animati. Avrai il potere della mente e la forza dell’amore, con i quali potrai sconfiggere il Male e aiutare i più deboli.”
   Riccardo avrebbe preferito volare come Superman, o lanciare ragnatele come l’Uomo Ragno, o essere forte come Hulk, ma pur non capendo esattamente cosa volesse dire lo zio si accontentò.
   “Ora ti spiego come potrai trasformarti” proseguì lo zio. “Chiudi gli occhi e pensa in silenzio Che il potere della mente e la forza dell’amore siano con me… Su, prova.”
   Riccardo provò e quando riaprì gli occhi si era trasformato in Super Ricky.
   “Wow!” esclamò sorpreso.
   “Ora sei Super Ricky. Ti piace?”
   “Acciderbolina, eccome!”
   “Per ritornare Riccardo basterà che batti la mano destra cinque volte sul cuore. Prova.”
   Super Ricky tornò ad essere Riccardo.
   “Fai buon uso dei tuoi poteri” disse lo zio.
   Il bambino non aveva ancora idea di come avrebbe potuto usarli, ma salutò e tornò a casa con mamma (sorella del Dottor Manser) che nel frattempo era venuta a prenderlo di ritorno dal lavoro; poco prima Riccardo aveva promesso al folle parente che non avrebbe abusato del suo potere.
   “Perché spesso chi ha potere rischia di montarsi la testa e perdere l’umiltà” aveva concluso lo zio.



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   Qualche giorno dopo, a scuola, mentre Riccardo faceva ricreazione in cortile passeggiando con Alberto e Edoardo, vide che un bimbo di quinta elementare, nascosto da un cespuglio, stava tirando per un orecchio un bimbo di prima. Altri due bimbi guardavano la scena e se la ridevano.
   I tre amici che passavano vicino al cespuglio si fermarono e Riccardo trovò il coraggio di dire: “Perché state facendo piangere questo bambino? È solo, è più piccolo e più debole. Non vi vergognate voi che siete in tre, più grandi e più grossi?”
   Il bambino che sembrava il capo e stava tenendo per l’orecchio il bimbo di prima mollò la presa e si fece avanti.
   “E tu, chi saresti? Il padre di questo moccioso? Il maestro? Io sono Bullo Boy e questi, te li presento, sono i Bulletti. Stiamo requisendo la merenda a questo primino perché abbiamo ancora fame. Se non ti sta bene preparati a prendere due calci in culo.”
   Riccardo si mise a ridere e questo fece arrabbiare ancor di più il già irritato Bullo Boy.
   “Piccolo insolente, adesso ti riempio di botte” minacciò Bullo Boy mentre i Bulletti ghignavano alle sue spalle pregustando una rissa che avrebbe sicuramente visto vincitore il loro capo.
   “Fermo un attimo” fece Riccardo. Intanto chiuse gli occhi e pensò: Che il potere della mente e la forza dell’amore siano con me!, trasformandosi così in Super Ricky.
   Alberto e Edoardo erano rimasti a bocca aperta. Anche i Bulletti erano sorpresi. L’unico a non essere impressionato era Bullo Boy, che disse: “Ah ah ah, non mi fai paura, anch’io posso trasformarmi.” E così dicendo diventò ancor più grosso, la pelle si fece verde e gli occhi rossi.  Era mostruoso.
   Super Ricky, che stava per essere attaccato e probabilmente massacrato, puntò il dito indice contro il nemico e disse: “Povero Bullo Boy, come deve essere triste la tua vita!”
   A quelle parole Bullo Boy si fermò, perplesso.
   Super Ricky proseguì: “Tu puoi anche riempirmi di botte adesso, ma non mi farai mai così male come ne è stato fatto a te nella vita. Mi spiace notare come Poco Amore e Scarsa Educazione – il padre e la madre di Bullo Boy – ti abbiano ridotto. Chi vede quello che sei in realtà… Chi sa chi si nasconde sotto la maschera può solo compatirti. Il marcio che c’è dentro di te e che ti hanno trasmesso i tuoi creatori non vincerà mai sulle persone di cuore.”
   Bullo Boy guardava Super Ricky. Quelle parole lo stavano facendo letteralmente bollire dalla rabbia, ma non riusciva a muoversi. Avrebbe voluto picchiare quel piccolo insolente, eppure era paralizzato.
   “E i tuoi Bulletti sono come te, peggio di te!” proseguì Super Ricky. “Sono talmente deboli che esistono solo all’ombra di un capo. La cosa che vi unisce è solo la paura che tu incuti in loro essendo molto più solo e arido di loro. Vi sentite importanti solo in branco, mentre da soli siete come pecorelle smarrite. Siete il Nulla.”
   Detto questo si avvicinò a Bullo Boy sempre con il dito indice puntato. L’altro non riusciva ancora a muoversi. Super Ricky gli toccò prima la fronte poi il busto all’altezza del cuore. Bullo Boy cadde in ginocchio e cominciò a piangere come un bambino dell’asilo che si è appena sbucciato un ginocchio. Nel vedere questo spettacolo inaspettato i Bulletti impressionati fuggirono a gambe levate.
   Super Ricky poggiò una mano sulla spalla di Bullo Boy.
   “Guarda, ti stai ritrasformando in un bambino normale. Non sei più verde, non hai più gli occhi rossi. Significa che il tuo cuore non è ancora completamente inquinato, che c’è ancora speranza…”
   Suonò in quel momento la campanella che poneva fine alla ricreazione. Il bimbo preso di mira dal trio di bulli ringraziò calorosamente Super Ricky, mentre Alberto e Edoardo, rientrando in classe, si congratularono con il loro amico.
   “E così tu sei Super Ricky?” chiese la maestra dopo che Alberto e Edoardo ebbero raccontato a tutta la classe cosa aveva fatto il loro coraggioso compagno.
   “No, io sono Riccardo” rispose sorridendo con orgoglio il piccolo eroe.


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   Il pomeriggio stesso, dopo aver formulato la Teoria della Felicità…

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(che in parole povere significa Segui la strada indicata dal tuo spirito perché in esso è nascosto il bambino puro che eri e che gli adulti cercano di eliminare imponendoti un destino che non è il tuo)

… lo zio matto andò a prendere il nipote da scuola per riportarlo a casa dove la sorella maggiore Giulia lo aspettava in attesa che mamma e papà tornassero dal lavoro. In macchina Riccardo gli raccontò per filo e per segno cosa era successo con Bullo Boy.
   “Ho capito come usare i miei poteri zio. La forza dell’amore, dell’educazione e dell’intelligenza sono l’unico modo per combattere il Male che spesso viene prodotto dalle famiglie e dalla società.”
   “Complimenti” rispose quasi incredulo lo zio per aver appena sentito quelle parole uscire dalla bocca di un bambino. “Adesso che sei un vero supereroe potrai aiutare, anche solo con il tuo esempio, tutti quelli che hanno bisogno.”
   Giunto davanti a casa, Riccardo salutò il Dottor Manser e scese dalla macchina.
   “Ehi zio” disse prima che questi ripartisse. “Guarda!”
   Senza nemmeno trasformarsi in Super Ricky iniziò a volare. Fece un giro sopra la casa e riatterrò davanti alla macchina dello zio che era rimasto sbalordito.
   “Avevi detto che non avrei avuto i poteri dei supereroi dei fumetti o dei cartoni animati, ricordi?”
   L’uomo annuì.
   “Sbagliavi. Con il potere della fantasia ne ho molti di più.”




  

RINGRAZIAMENTI


   Si ringraziano tutti i protagonisti di questa storia, anche quelli non citati direttamente. In particolare Riccardo ringrazia: Alberto, Edoardo, Lorenzo B., Lorenzo C., Simone, Giacomo, Gabriele, Redion, Martina M., Martina G., Matilde, Emma, Arianna, Arooj, Nohaila e Annalisa.

   Questo racconto è dedicato a tutti i bambini e a tutti i grandi rimasti un po’ bambini. 

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