Posto il primo capitoletto di un'opera che si potrebbe definire (non immaginate che fatica faccio a definire i miei libri) un... un... boh, un viaggio onirico. Ciauz.
1
Lo trovai in casa una mattina di
agosto; spenta la sveglia e accesa la luce avevo posato lo sguardo sulla
scrivania e eccolo lì, accanto alla lampada da tavolo, seminascosto dal
portamatite. Erano le dieci e un quarto e, tanto per non smentire il tran tran
di quei giorni, il risveglio aveva portato con sé il poco gradito omaggio dei
postumi delle bevute notturne al Gang Bang. Ci avevo messo diverso tempo prima
di trovare le forze per alzarmi, nonostante fossi molto incuriosito da quel coso di cui non ricordavo la
provenienza.
Lo esaminai alcuni secondi: era un parallelepipedo blu scuro tendente al
viola, delle dimensioni di un libro tascabile. In effetti il primo pensiero era
stato che si trattasse proprio di un libro.
“E da dove salta fuori questo?” mi chiesi.
Lo presi in mano e rimasi sbalordito dalla pesantezza; per essere un
oggetto di quelle dimensioni pesava enormemente. Andai in bagno e lo posai
sulla bilancia elettronica: 15,7 kg apparve sul quadrante.
Trovai mamma in cucina con zia Paola e le chiesi cosa fosse
quell’aggeggio misterioso.
“Mamma, sei stata tu a mettere questo sulla mia scrivania?”
“No, cos’è?”
“Non lo so. Pensavo me lo sapessi dire. E tu zia Paola? Ne sai niente?”
“No” replicò zia, “potrebbe essere un fermacarte. Ha un colore molto
particolare…”
“Vero” intervenne mamma. “Ho fatto la sarta tanti anni venendo a
contatto con le tinte più diverse ma non ricordo di aver mai visto un colore
simile.”
Bevvi il caffé che mi porse zia Paola cercando di ricordare se quella
notte, tra una birra e l’altra con Banana e Rasputin, mi fossi in qualche modo
appropriato dell’oggetto pesante non
identificato. Qualche volta mi era capitato di esagerare un po’ troppo con
l’alcol e non ricordare nitidamente quello che avevo fatto o detto la sera
prima, ma la notte in questione non avevo oltrepassato i limiti tanto da avere
amnesie post sbronza. Riportai in camera il coso
appoggiandolo sul comodino. Mi sedetti alla scrivania, accesi il pc e
cercai di andare avanti con il mio romanzo, ma dopo due birre e cinque
sigarette non ero ancora riuscito a buttare giù una riga.
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